Itinerario enogastronomico in Piemonte: vino, formaggi e cibo prelibato

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Il Piemonte è una regione di città e grandi spazi. I suoi paesaggi caratteristici che si adoperano e si modificano per la produttività generale, in base alle stagioni. Divenuti, per importanza, anche Patrimonio dell’Unesco (come è accaduto per i vigneti). Protetti ora dallo sguardo delle Alpi, attraversati ora da boschi (il bosco di Salbertrand protagonista in questo articolo su i 5 boschi da visitare questo autunno in Italia ) e parchi. Impegnarsi in un itinerario enogastronomico in Piemonte significa così fondere in un tutt’uno quel sapore intenso di vino, formaggi e cibo prelibato con i luoghi che ne custodiscono, nel profondo, ogni segreto.

Lo disse anche lo scrittore Sebastiano Vassalli che non esiste un solo Piemonte, ma dieci, dodici, quindici! Un Piemonte delle grandi montagne, uno dei laghi, uno della pianura. Ognuno di essi giaciglio confortevole di tante prelibatezze. Scopritele con noi di Kappuccio e non ve ne pentirete!

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I tanti percorsi del vino

Un buon calice di vino foto da Unsplash di @lefterisk

Addentrarsi nei percorsi del vino, in Piemonte, significa attraversarlo quasi ovunque. E l’esperienza vinicola coinvolge a più sensi, proprio perché l’arte di produrre vino è già di per sé un percorso a tappe. Che parte dalla terra, arrivando sino a tavola. Il culto del vino attira l’interesse di molti perché è una danza fatta di gesti, strumenti, conoscenza ed usanze. La cultura enologica del Piemonte configura la regione stessa come il maggior centro italiano per la produzione di vino; riconosciuto soprattutto per i suoi rossi, non vanno neppure sottovalutati, per qualità, i bianchi e gli spumanti. Una caratteristica propria di quasi tutti i vini Doc e delle Docg piemontesi risiede nel fatto che essi derivano dalla vinificazione di un solo tipo di uva.

Se dunque vogliamo un punto di partenza, questo è senz’altro il Nebbiolo. Vitigno autoctono a bacca nera, che si coltiva nelle colline di Langhe-Roero. Nel Monferrato, Canavese, Astigiano; nel Vercellese-Novarese chiamato Spanna e a nord in Val d’Ossola con il nome Prunet. Da esso, che possiede una storia lunga quasi 800 anni, derivano i più pregiati vini piemontesi.

Innanzitutto il Barolo, che nasce anch’esso nelle Langhe e comparve, per la prima volta, a metà del XIX secolo in un comune, Barolo per l’appunto, che in seguito gli cederà, nel nome, lo scettro della fama. Diretto derivato di uve nebbiolo, diventò l’ambasciatore del Piemonte dei Savoia nelle corti di mezz’Europa. Di colore rosso-granata deve soddisfare tantissimi requisiti per essere considerato autentico ed è indicato soprattutto con i piatti di carne, gli arrosti, il brasato (la cui stessa preparazione lo richiede), la selvaggina, i formaggi…

Barbaresco è una denominazione di origine controllata e garantita per i vini prodotti nella provincia di Cuneo (Barbaresco, Neive, Tresco, oltre a San Rocco Seno d’Elvio nel comune di Alba ). Questo dato è molto significativo perché sta ad indicare che ogni fase della sua produzione, dall’appassimento delle uve all’imbottigliamento, deve avvenire nella zona delimitata. Si consuma preferibilmente con carni, formaggi ed è indicato in accompagnamento al Tartufo d’Alba.

La Barbera invece è un vino tipico, ricavato dall’omonimo vitigno locale. Nelle zone di Alessandria, Asti ed Alba è probabilmente il più diffuso. Quest’ultime possiedono caratteristiche diverse da quella per esempio del Monferrato e questo fa capire, se fosse necessario, l’incidenza fondamentale di terreni ed ambiente dove la vite viene coltivata. Celebrato da Carducci, cantato da Gaber questo vino è per sua natura, tendenzialmente acida, il vino proprio dei pasti.

L’itinerario enogastronomico in Piemonte continua con i suoi formaggi

Profumo e sapore di formaggio foto da Unsplash di @epicplaydate

Il patrimonio caseario del Piemonte si basa su alcune individualità di gran livello, in un contesto che rende tale ambito secondo forse solo alla produzione vinicola, per cospicuità. E che dell’accompagnamento ai vini Doc e Docg si nutre per elevarsi ancora di più. Nel sapore, in un’esperienza quasi mistica per il palato. Fare elenchi di formaggi piemontesi da gustare e di cui servirsi in ogni occasione, pertanto, non viene per nulla difficile. Ma volendo dare solo qualche pillola di qualità, non si possono di certo dimenticare…

Il Castelmagno che è un formaggio a denominazione di origini protetta prodotto nei territori di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana, tutti della provincia di Cuneo. Erborinato a pasta semidura è usato soprattutto in cucina, fuso, per accompagnare gnocchi e risotto. Come formaggio da tavola è squisito in abbinamento con il miele e con una particolare salsa/marmellata locale, chiamata Cognà.

La Toma che divide la sua zona di produzione tra la Valle D’Aosta ed il Piemonte. Ne esistono tanti tipi con composizione diversa nel latte e diversa stagionatura. In Piemonte le più note sono quelle delle valli dell’Orco, di Lanzo e di Susa; della Stura, della Valle Ellero, della Zona delle Langhe e delle valli vercellesi. In Valsesia e nelle valli biellesi si produce la Toma Maccagno, un PAT (prodotto agroalimentare tradizionale), adoperato specialmente nella preparazione della polenta concia.

La Raschera DOP che è stato riconosciuto come presidio Slow Food nella sua variante d’alpeggio. Questa tipologia è prodotta solo a Frabosa (Soprana e Sottana) ed Ormea, dove annualmente vi si tiene anche una sagra in onore; a Montalto di Mondovì, Roccaforte di Mondovì, Roburent, Pamparato, Garessio e Magliano Alpi. L’altra Raschera si produce invece in tutta la provincia cuneese.

Il Bra a denominazione protetta, che è prodotto nelle versioni a pasta dura e molle nel comune di Bra, ancora in provincia di Cuneo.

La cucina piemontese: tradizioni e materia prima

Una natura produttiva foto da Pixabay di @hans-2

La morfologia del territorio piemontese, così come il suo clima vario, influiscono, ed è un bene, sulle materie prime a disposizione. Di conseguenza anche sulla sua cucina. Pensiamo all'”ingombrante” presenza del Po, dei suoi affluenti che creano, per esempio, le condizioni favorevoli alla presenza di quelle grandi distese per la coltivazione di un alimento indispensabile come il riso. Alle dolci Prealpi ed alle colline dove si arrampicano i vitigni. Ai pascoli che sono all’origine dei formaggi. I due elementi sui quali abbiamo imperniato il nostro articolo. Tutto questo ed ancora di più. Come i boschi dove si nascondono i tartufi. Le pianure da frumento che danno luogo alla farina con cui si producono i grissini o da granturco, per la polvere d’orata, sua erede, con cui si prepara la polenta.

Una cucina dunque che, della ricchezza di prodotti e delle sfumature di sapori si avvale, per incrementare una storia in realtà parte più che altro del patrimonio contadino e che non sempre ha ricevuto, nel resto d’Italia, l’attenzione meritata.

Itinerario enogastronomico in Piemonte: prodotti tipici e piatti prelibati

Paesaggio tipico piemontese foto da Pixabay di @scoob_switzerland

Così, senza neppure un ordine preciso, saltando di portata in prodotto, di paese in città, vogliamo addentrarci nel mondo della cucina Piemontese. Con curiosità e un po’ di timore. Per una genovese, solo dirimpettaia regionale, che un po’ di sangue, dell’odierno Piemonte, lo tiene però nelle vene. Personalmente poi ho visitato due volte Torino e del basso Piemonte conosco soprattutto i famosi amaretti di Gavi, comune, un tempo appartenente alla Liguria, dove era nata mia nonna. (Caratteristiche poco qualificanti per ottenere questa patente d’esperienza, o abbastanza sufficienti magari per cercare invece di imparare qualcosa di più).

Tra i dolci tipici da conoscere, in questo nostro itinerario gastronomico in Piemonte, vale la pena almeno ricordare gianduiotti, zabaione e bonet.

Il Giandujotto, maschera ogni tristezza

Gianduiotto, ricetta antica @nicoletta

Impossibile non riconoscere il delizioso prisma dorato che si produce a Torino e che spesso, durante le feste natalizie, viene scambiato in qualità di dono. La denominazione Giandujotto di Torino è candidata al riconoscimento di indicazione geografica protetta. Per un prodotto realizzato dall’impasto di cacao, zucchero e della Nocciola Tonda Gentile del Piemonte (IGP). Il suo nome deriva dalla maschera torinese Gianduja che lo ha presentato per la prima volta, distribuendolo nelle strade al pubblico, addirittura nel 1865.

Zabaione e Bonet l’altra parte dolce del nostro itinerario

Zabaione foto da pixabay di @jillwellington

Dal 2015 lo zabaione fa parte dei prodotti agroalimentari tradizionali piemontesi. Secondo una teoria piuttosto accreditata, pare che la sua ricetta sia stata introdotta nel XVI secolo a Torino, e che almeno inizialmente fosse chiamata crema di San Baylon in onore del francescano San Paolo Baylon, protettore di pasticceri e cuochi. Nonostante lo stretto legame con il Piemonte, lo zabaione è oggi un preparato riconosciuto ed amato in tutto il mondo.

Il Bonet è un dolce al cucchiaio, una sorta di budino rettangolare, originario delle Langhe. Anch’esso ha una lunga tradizione, nonostante gli aggiustamenti subiti nel tempo. La base comunque non può prescindere, oltre che dalla cioccolata, anche da caramello ed amaretti. Dicevamo che le Langhe, territorio del sud della regione, assieme alla piccola patria dell’Astesana e al Monferrato, regione storico-collinare tra Asti ed Alessandria, ne sono patria per eccellenza. Quindi se si vuole assaggiare questo dolce, nella sua ricetta originale, bisogna partire di certo da qui.

L’itinerario enogastronomico in Piemonte prevede una tappa per ristorarsi

Proseguiamo il nostro itinerario enogastronomico in Piemonte introducendo l’argomento relativo al pane, alla pasta, al riso…

I grissini di Chieri e non solo…

Grissini specialità piemontese foto da Pixabay di @sofi5

Nella prima categoria un posto d’onore lo meritano i grissini, una delle più celebri e diffuse specialità del Piemonte, il cui nome deriva dal classico pane regionale, la ghersa. Le loro origini risalgono alla fine del 1600, e del pane hanno quasi tutte le caratteristiche, fatta eccezione per una…la mollica. E ciò è dovuto proprio alla tipica forma allungata. Tra i suoi estimatori c’erano naturalmente il Re sabaudo Carlo Felice, ma persino Napoleone! La forma più antica di grissino è la Rubatà, lavorata a mano e dal profilo nodoso. Quella di Chieri è inserita nei prodotti agroalimentari tradizionali italiani. Oltre a Chieri, questa tipologia di grissino è propria anche del torinese, della zona di Andezeno e Mondovì. L’altra forma tutelata è quella del grissino stirato di più recente invenzione.

Agnolotti e tajarin oltre i loro confini naturali

Impastare foto da Unsplash di Food Photographer

Gli agnolotti sono una particolare pasta ripiena della zona di Alessandria e Asti. Il ripieno, secondo tradizione, si fa con l’arrosto avanzato, ma essendo fondamentalmente un piatto di riciclo, gli ingredienti variano a seconda degli avanzi. Questo ben inteso parlando delle genuine intenzioni della cucina casalinga. Alla classica forma quadrata, si affianca nel Monferrato e nelle Langhe l’agnolotto del plin, il cui nome deriva appunto dal pizzicotto che gli viene dato per la chiusura e che ne modifica l’aspetto. Una variante suggestiva la si può provare a Caliano, in provincia di Asti, dove gli agnolotti sono fatti con carne d’asino; mentre nel Canavese gli agnolotti diventano ravioli e prevedono un ripieno a base di fontina. I condimenti più importanti sono il sugo di carne arrosto, il burro con la salvia, il ragù di carne e il brodo.

Sempre dalle Langhe, in particolare da Alba, provengono i tajarin: una pasta fresca all’uovo (e l’uovo qui, in quantità la fa da padrone, per la gioia di chi deve impastarli!) molto più sottili delle fettuccine e di color giallo. Sono un piatto consumato in prevalenza nei giorni di festa ed un ingrediente sfizioso, tra gli altri, per condirli, potrete scoprirlo solo proseguendo la lettura, anche se la città che abbiamo appena nominato potrebbe darvi già un bel suggerimento!

Le risaie donano i loro chicchi

Candore del riso foto da Unsplash di @bamin

Nella pragmaticità senza fronzoli del carattere piemontese, un detto riconosce l’importanza del riso, unita a quella di un’altra primizia di cui abbiamo già descritto l’essenza, il vino. Il riso infatti nasce nell’acqua e muore nel vino, così almeno si vocifera da sempre. E le risaie regionali, quelle comprese tra le zone di Vercelli, Novara e Biella, forniscono, da sole, la metà del quantitativo prodotto in tutta Italia. In virtù della loro posizione, in ossequio alla favorevole conformazione. In particolare, nella piana vercellese dove esiste la coltivazione fin dal lontano Medioevo, nasce il prodotto Dop chiamato Riso di Bargiggia e Vercellese. E per i piemontesi Doc, questa volta, non esiste miglior fine per il riso di quella di un saporoso risotto fumante (la panissa vercellese ad esempio) o di una zuppa altrettanto nutriente.

Come terminare con soddisfazione l’itinerario enogastronomico in Piemonte?

Il tartufo tra i prodotti rinomanti del Piemonte foto da Unsplash di @chuttersnap

Il tartufo piemontese è quello bianco, di gran lunga il più raro e pregiato. La sua caratteristica maggiore lo eleva sopra ogni altro prodotto e ne connota una commerciabilità alquanto limitata, visti i grandi costi. Questo fungo, la cui dote sta nel corpo fruttifero, dalla storia secolare e dagli usi centellinati, in Piemonte trova, per via della conformazione geografica particolare, il luogo prediletto per crescere.

Alba, comune molto importante delle Langhe, può esserne considerata la patria. Sorgendo sulle rive del fiume Tanaro in una vasta conca pianeggiante circondata da colline. Con i suoi alberi, sotto cui il tartufo trova asilo perfetto in attesa di essere stanato da qualche cane. Da ottobre a dicembre del 2023 si terrà qui, come ogni anno, la Fiera internazionale del tartufo bianco. Un prodotto la cui ricerca e cavatura in Italia è diventata patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’Unesco.

Per concludere degnamente, con la medesima intensità, il nostro itinerario enogastronomico in Piemonte, parliamo infine di un piatto cardine. Tanto diffuso quanto straordinario: la Bagna càuda. Salsa per eccellenza del Basso Piemonte, è una preparazione a base di aglio ed acciughe fatte cuocere nell’olio d’oliva a fuoco lento. Considerata spesso e troppo semplicisticamente come parte della storia povera piemontese, viene da sempre adoperata intingendovi svariata verdura di stagione. Ogni zona tuttavia possiede e promuove con orgoglio la sua maniera di confezionarla. E le stagioni perfette di utilizzo sono quelle dell’autunno e dell’inverno.


Così, con questo nostro ultimo suggerimento e con gli altri che avete trovato qui, potrete portare sempre con voi un poco della splendida terra del Piemonte!

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Nicoletta Spinozzi

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