10 edifici Liberty a Torino da non perdere

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Gli edifici Liberty a Torino raccontano una storia. Di una città, un tempo, capitale di un Regno. Lasciando stupiti i suoi spettatori che si rifugiano nell’atmosfera creata per non perdere nulla di quel passato lontano e farlo così rivivere. Raccontano molto, poi, dello spirito di chi ha saputo creare dal nuovo, nutrendosi di conoscenza. Di menti brillanti e mani sapienti. Agglomerati urbani con una sfida da lanciare, rimanere eterni, mentre tutto intorno a loro cambia, muta al mutar dei bisogni. Quelli che un luogo in proiezione sul futuro necessita. Passeggiando per le strade di Torino, se proprio non si conosce per intero la disposizione nello spazio nell’arte Liberty, occorrerebbe almeno alzare lo sguardo di frequente. Perché sarà quasi più istruttivo che aprire un libro.

Provateci e ci darete ragione. Nel frattempo, per chi non avesse sotto mano, un edificio, una strada, un angolo della meravigliosa Torino, sarà sufficiente proseguire nella lettura del nostro articolo. E non mancare così la possibilità di conoscere, quasi come avvenisse dal vivo, assieme a Kappuccio i 10 edifici Liberty a Torino da non perdere.

La Torino del Liberty

Torino foto da pixabay di @robygarba

Prima di addentrarci nella visita di una Torino per noi inedita, quella legata all’arte del Liberty, soffermiamoci un attimo a capire ciò che, nel momento storico di sua massima diffusione, ha significato lo sviluppo di questa corrente. Qui come nel resto d’Europa. Dove prese il nome di Art Nouveau. Uno solo dei sinonimi che la contraddistinsero assieme appunto a Liberty, stile floreale, arte nuova…

Il periodo di espansione più significativo fu quello legato alla Belle Époque. Epoca storica di grande fervore in tutti i campi dell’arte. Di libertà espressiva, anche nei comportamenti. Desiderio di evasione. Rifugio dall’incidenza pessima che spesso la storia sa imprimere alla vita quotidiana. Se infatti datiamo storicamente la “bella epoca” questa si innesta in maniera perfetta tra la fine della guerra Franco-Prussiana del 1871 e l’inizio della sciagurata Prima guerra mondiale, del 1914.

La necessità fisica di creare una cesura netta con l’orrore della guerra (innescata nell’intervallo di massima tranquillità mai avuta, nel planisfero mondiale, ma soprattutto europeo) ha dato luogo alla diffusione dello stile Liberty a partire dall’Esposizione di Parigi del 1900. Ma il termine Art nouveau risale al 1894. In Italia, Torino, dove si tenne un’esposizione nel 1902, fu una tra le città maggiormente influenzate assieme a Milano e Palermo.

Ispirandosi alla natura, diffondendosi in tutti i campi più importanti delle arti, creando una vera e propria mentalità nuova che ha dato origine a istanze completamente opposte al passato. Il senso di libertà ispirato a essa ben presto divenne radicato nelle idee, mutuato nei comportamenti. Espresso da lotte di emancipazione (quella femminile, la più sentita) che nell’arte e nell’architettura in particolare trovarono le giuste corrispondenze, attraverso la rinuncia all’ordine architettonico e la ricerca di caratteri maggiormente rivoluzionari.

Una mostra celebra la capitale sabauda del Liberty

La Torino che oggi abbiamo di fronte è figlia essenziale di tale processo artistico; quella che abbiamo già imparato a scoprire attraverso una delle sue attrazioni maggiori, il Museo Egizio (per questo e per approfondire, vi rimando al nostro articolo Le imperdibili opere del Museo Egizio di Torino) conserva addosso l’aria immutata di quel sentire, grandioso e prepotente. E lo celebra, proprio con una mostra dedicata: Liberty. Torino capitale. Che ci racconta un’esperienza architettonica divenuta travolgente per la vita e per la società della capitale sabauda.

I quartieri Cit Turin e San Donato e Pietro Fenoglio padre del Liberty

Casa Fenoglio Foto da Instagram di @mau___ry

La Piccola Torino (Cit Turin denominazione in dialetto Piemontese, unico quartiere ad averla) è un quartiere storico della città. La sua eleganza è evidenziata con forza dalla presenza di numerosi edifici di stile Liberty. Si potrebbe affermare con sensatezza che rappresenti, assieme al confinante San Donato, il miglior manifesto possibile delle radici architettoniche del primo Novecento. La maggioranza degli edifici qui ha potuto nascere grazie alle sovvenzioni del cavaliere del lavoro Giovanni Battista Carrera. Costruttore, oggi quasi dimenticato, ma vero e proprio deus ex machina della progettazione edilizia dell’epoca.

Accanto a lui, un altro nome fondamentale, per queste aree, è stato quello di Pietro Fenoglio (1865-1927). Uno dei più importanti interpreti del Liberty in Italia. Architetto e ingegnere sempre al passo con i suoi tempi. Per circa 13 anni si rese protagonista della pianificazione e della realizzazione di oltre 300 progetti di ville e palazzi, con uno stile altamente riconoscibile, nel quale spiccavano l’uso dei colori pastello, l’alternanza tra geometria e soggetti legati alla natura, floreali in maggior parte, e l’utilizzo frequente di materiali come ferro e vetro.

1. Casa Fenoglio Lafleur

Appartenente al quartiere di San Donato, nel nome e nello stile demarca già da sé i margini delle sue caratteristiche. Progettata nel 1902 da Pietro Fenoglio come propria abitazione, venne ben presto ceduta all’imprenditore francese Lafleur. Nelle decorazioni si vede limpida la mano del suo progettista e risalta subito all’occhio la presenza di elementi fortemente influenzati dal gusto più propriamente francese. Per un’opera che nelle intenzioni di Fenoglio doveva essere utilizzata da lui come casa-studio, quindi scevra da particolari vincoli e aperta alla piena realizzazione della personale libertà di gusto.

2. Villino Raby

All’inizio di Corso Francia, sempre a San Donato, sorge questo villino commissionato da Michele Raby a Pietro Fenoglio nel 1901. La collaborazione di un altro architetto, Gottardo Gussoni, lo distanzia in alcune forme da Casa Lafleur e l’influenza delle correnti europee ha creato quell’armonica commistione di stili che è evidente in alcune sue particolarità, come un cancello originale con la decorazione in ferro battuto. Va ricordato infatti che queste opere, dato l’uso privato che se ne è fatto nel tempo, non possono in toto mostrare le intenzioni a monte della loro progettazione.

3. Casa della Vittoria- Casa dei Draghi

Che la si chiami Casa o Palazzo della Vittoria, Casa dei Draghi o Carrera, rimane sempre un esempio, appartenente al quartiere Cit, della corrente Neogotica dello stile Liberty, che si differenziava da quella più espressamente Naturalista. Venne commissionata nel 1918 a Gottardo Gussoni da Giovanni Battista Carrera per uso residenziale e per celebrare la vittoria nella Prima Guerra Mondiale. Terminata nel 1920, evidenzia un profondo eclettismo di strutture e decorazioni. Quest’ultime hanno forme per lo più allegoriche e zoomorfe, la coppia di draghi di fianco al portale di ingresso ha dato luogo alla denominazione Casa dei Draghi.

4. Casa Tasca

Sempre al confine tra i due quartieri, si trova questo edificio progettato da Giovan Battista Benazzo tra il 1902 e il 1903. Colpita da un bombardamento nel 1942, ha subito parecchi danni, in parte, rimediati con un restauro nel 1945.

5. Casa Macciotta

Progettata da Pietro Fenoglio nel 1904 su commissione di Baldassarre MacciottaAttilio Costa e Melchiorre Lanzo. Mischia stile Barocco e Liberty e proprio per questo gioco di mescolanze è un esempio importante della flessibilità di idee che ha caratterizzato quel periodo storico torinese, nell’ambito delle arti del tempo.

6. L’iconica Villa Scott

Iconografia di un luogo foto da Instagram di @stefanoroma

Agli appassionati di Dario Argento non sarà di certo sfuggita la rassomiglianza. Non si tratta però semplicemente di questo, perché Villa Scott è per davvero la dimora protagonista di alcune scene dell’iconico film del 1974 Profondo Rosso. Non la sola scenografia dal vivo presente nel film, che ne ha disseminate altre lungo tutta la città. Di certo questa villa ha una storia da raccontare oltre la sua storia. Di per sé già molto ricca.

Per ammirarla bisogna arrivare nel quartiere Cavoretto, dove l’ennesima opera di Pietro Fenoglio fu costruita nel 1902, sempre grazie alla collaborazione del professor Gussoni. A differenza di Casa Fenoglio, qui gli elementi in stile Liberty si fondono con quelli di tipo neobarocco, rendendola piu simile al Villino Raby. Evidente è l’influenza sia dell’architetto belga, nonchè barone, Victor Horta, precursore dell’Art Nouveau, nella scala sinuosa che si staglia dal fianco della depandance dei custodi. Sia di Hector Guimard, nell’utilizzo di vetro e metallo o ferro battuto per la veranda.

7. Il Portone del Melograno

Il melograno simbolo di fortuna Foto da Instagram di @nuvolarrossata

Nel quartiere San Salvario si può ammirare, come se ci si trovasse di fronte ad un quadro, il Portone del Melograno. Simbolo espressivo della Torino Liberty. Benché non propriamente un edificio dai canoni prestabiliti, abbiamo voluto introdurlo nel nostro articolo sugli edifici Liberty a Torino. Perché di questa corrente ne ha assorbito tutti gli “effluvi”, e non poteva che essere così, dal momento che è frutto dell’estro, per noi ben consolidato di Pietro Fenoglio.

Progettato nel 1904 o 1907 a seconda delle fonti. Ma la datazione, in fondo, poco importa, ciò che è essenziale è la sua struttura in ferro battuto che scolpisce sinuosi due rami di melograno con foglie e frutti. In origine non possedeva il colore che ha assunto nei successivi restauri, bensì era monocromatico.

8. Casa Florio tra i primi edifici Liberty a Torino

Il palazzo Foto da Instagram di @stefanoroma

L’esposizione Universale tenutasi a Torino nel 1902 è stata per davvero uno snodo cruciale nell’avventura del Liberty in città. Nella sua rapida diffusione e nello spingere i migliori architetti dell’epoca ad abbracciarne forme e soluzioni già concrete nelle loro menti. Lo dimostra la precocità di Casa Florio ad opera, tra il 1901 ed il 1902, di Giuseppe Velati-Bellini, ingegnere. Posizionata tra via San Francesco e via Bertola, in centro, nei particolari decorativi, nei bovindi, nelle curve e negli elementi mutuati dalla natura rende armonica quella dicotomia, sempre sospesa, tra tradizione ed innovazione.

9. Il Villaggio Leuman nella città di Collegno

Cartello stradale Foto da unsplash di @p1mm1

Nell’ottocentesco quartiere operaio di Collegno è nato, proprio nel 1875 e dalla mente illuminata di Napoleone Leumann (imprenditore e filantropo svizzero, naturalizzato italiano) questo villaggio incredibile, perché fungesse, almeno da principio delle intenzioni, come sito produttivo per il cotone. Tuttavia l’opera creata divenne ben presto qualcosa di maggiormente profondo: un’area dove il lavoro, la famiglia, ma anche il tempo libero e le istituzioni sociali così come quelle previdenziali si rapportarono in stretta connessione fra di loro e formarono un contesto talmente evoluto dal punto di vista collettivo da risultare autonomo ed efficiente.

Naturalmente la firma su l’imponente edificazione non poteva che essere quella di Pietro Fenoglio, a cui venne affidata la commissione dallo stesso Leumann. Su un terreno di 60.000 metri quadrati, 60 edifici circa vennero suddivisi in 120 alloggi abitativi. Influenzati nello stile dall’incontenibile gusto di Fenoglio e dalla moda architettonica del tempo (infatti i lavori proseguirono sino al 1907). All’interno del villaggio sono ancora presenti un’antica stazione, la Chiesa di Santa Elisabetta in stile eclettico, la scuola elementare e altri edifici di gran pregio storico. Grazie all’intervento del comune di Collegno si è potuto mantenere e restaurare il patrimonio artistico del villaggio che rischiava di seguire le sorti del cotonificio, chiuso negli anni ’70 a seguito di una profonda crisi economica.

10. Palazzo Bellia sinfonia architettonica tra le vie

Alzare lo sguardo per incontrare la bellezza Foto da Instagram di @andreato88

Inaugurato nel 1898 a firma dell’urbanista Carlo Ceppi, questo palazzo edificato nel Centro, vicino a Piazza Castello, rappresenta un esempio embrionale del stilema Liberty, che come abbiamo ampiamente constatato, si sarebbe affermato, con maggior compiutezza, nel decennio successivo al suo battesimo. Anticipandone le tematiche e la sinuosità dello stile, come l’impiego del litocemento (pietre artificiali cementizie ad uso architettonico) per le decorazioni, i richiami alla natura e la presenza dei bovindi. Tutti elementi che faranno parte dello stile prediletto dagli architetti torinesi e renderanno la città di Torino quella vetrina a cielo aperto ancora oggi da osservare con stupore, per apprendere i contorni di un periodo di profonda innovazione ed alto significato storico.


Nel vostro itinerario alla scoperta della città vi consigliamo di visitare anche l’incredibile mostra su Hayez (visitabile fino al 1 aprile al GAM di Torino) e di programmare un mini itinerario alla scoperta sia delle bellezze della città che delle sue librerie più belle!

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Nicoletta Spinozzi

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